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Che cosa la gente si aspetta da un prete?

 

Da alcuni anni pare sia diventato di moda parlare del prete. Il prete riempie le pagine di romanzi (Bernanos, Bazin, De la Varende, Mauriac, Bauman, Galvez, Cather, Lisi, Timmermans, Moretti, Salvaneschi, Graham Greene, Cronin, Marschal…), si muove sugli schermi cinematografici, forma oggetto di inchieste, è argomento di discussioni.

Qualcuno lo presenta in luce di bellezza; altri lo coprono di fango. Erede anche in questo della sorte toccata al Maestro, il prete è particolarmente oggi “segno di contraddizione” ( “Signum cui contradicetur” ), oggetto di inestinguibile odio e di indomato amore.

Buon segno. Segno che è vivo. Che gusto c’è a sparare contro un morto? Anzi c’è da aver paura di un paese, dove non si parla mai male del prete. Se il prete non disturba nessuno, non conta nulla.

Gesù è stato sempre al centro di vivaci polemiche: così dev’essere del prete.

 

Che cosa è per la gente un prete? Che cosa la gente si aspetta dal prete?

Sono domande le cui risposte sono di particolare interesse ed attualità. Soprattutto perché ne emergono quelle istanze di cui il prete deve assolutamente tener conto se vuole realizzare un ministero efficace.

Tralascerò quanto hanno pensato attorno al prete i Santi: da S. Paolo a S. Francesco di Assisi, da Sant’Agostino aS.Bernardo, S. Pio X, e mi sforzerò di presentare quello che la gente di oggi si aspetta dal sacerdote. Ovviamente la rassegna sarà telegrafica, ma, penso, sufficiente a inquadrare nella giusta luce l’attesa della gente nei riguardi del Sacerdote.

 

1. Che cosa si aspetta la gente dal Sacerdote

 

A – Santità  

  • FrançoisMauriac

“Oserò io confessarvi ciò che ho il torto di non aspettarmi dal prete? Non gli chiedo che di darmi Dio, non di parlarmi che di Dio. Non sottovaluto il ministero della parola ma, per me, la predica più efficace del prete è sempre stata la sua vita. Un buon prete non ha nulla da dirmi: io lo guardo e questo mi basta”

  • Jacques Madaule

“Si aspetta dai preti che siano santi. Perché, altrimenti, a che pro essere preti? Se era per vivere come noi, per mangiare le stesse vivande e per godere i nostri stessi vantaggi, non valeva la pena chele loro mani fossero unte. Sento il lamento di certi preti, che non sono per questo necessariamente dei preti cattivi: non siamo forse degli uomini come voi, e non abbiamo quindi diritto a qualche indulgenza? Indubbiamente essi portano in sé le nostre stesse debolezze e la colpa di un prete non è certo più inesplicabile di quella di qualsiasi altra persona.

Tuttavia: ciò che il popolo fedele ed anche quello infedele attende dai preti è innanzitutto, direi unicamente, che essi siano santi, come sono sante le cose, per le quali le loro mani sono unte.

Ci aspettiamo da lui che ci istruisca non sul modo migliore di organizzare la società, o di provvedere alla sua difesa, ma sul modo migliore per ottenere la vita eterna”.

  • Una studentessa

“Per noi un prete è uno che vive di Dio.

Mi ricordo della prima volta in cui mi preparavo – all’età di 23 anni – a far visita ad un prete: la prima volta in cui stavo per essere sola di fronte ad un prete, in cui stavo per poterlo considerare, per ascoltarlo, per parlargli.

Avevo nell’anima questa idea: che stavo per “vedere” qualcuno, che viveva di Dio e con Lui.

Per me un prete era questo: un uomo che vive di Dio. Io dicevo a me stessa che bisognava che ciò si vedesse, altrimenti era una farsa.

Voi preti non vi rendete conto che è su questo che vi giudichiamo, su questa testimonianza quasi esteriore che voi ci date di Dio.  Bisogna che la fede del prete passi al di fuori. Il prete deve dimostrare Dio. Bisogna che noi constatiamo che egli vive certamente di Dio. Allora per l’ateo, Dio che era “l’Impossibile” diventa “possibile”.

Non si può non essere colpiti, turbati, sconcertati da un prete, che è realmente testimonio di Dio.

Ad un prete la mediocrità non si perdona”.

 

B – Povertà

 

Gli uomini della strada, più immediati, pratici e concreti, nelle loro esigenze insistono di più sull’elemento terrestre, umano. Per loro il prete deve essere innanzitutto l’uomo della povertà, del distacco, della carità. Si chiuderanno gli occhi su tante altre debolezze, ma difficilmente, o mai, si perdonerà l’avidità al sacerdote. Per l’uomo della strada il prete cattivo è il prete avaro. Un nostro confratello francese, apostolo degli operai, ha voluto dare lui una espressione a queste voci.

  • Don Godin

“Prima di avere la fede in Dio, bisogna che gli operai abbiano fede nel prete, nel suo disinteresse, nella sua dedizione. Non sarà la nostra carità che li colpirà: non ci credono. Neppure la nostra obbedienza. Anche loro ubbidiscono e talvolta più duramente di noi. Non basterà neanche la nostra bontà: nelle botteghe trovano una compiacenza che si confonde facilmente con la bontà. Allora? Bisogna che essi vedano la nostra vita povera, che si convincano che noi non lavoriamo per guadagnare dei soldi. Gente istruita, che potrebbe guadagnare molti soldi, per vivere come vivono, devono crederci sul serio”.

 

C – Comprensione

 

Perché uomo del divino, il Sacerdote è continuamente nella tentazione di trascurare l’umano.

Il pericolo, già avvertito dal Vescovo di Ippona, il grande Sant’Agostino, è stato richiamato da qualche convertito contemporaneo.

  • Alexis Carrel

“La Morale Evangelica non è compresa. Nemmeno i pastori della Chiesa osano predicarla nella sua integrità. Così quando predicano la necessità dell’amore al prossimo e dell’amore a Dio, dimenticano sempre che il dovere di ciascuno è non solo quello di amare gli altri, ma soprattutto di rendere se stessi degni di essere amati dagli altri. Un individuo ineducato, grossolano, brutale,anche divorato dall’amore del prossimo, viola la legge evangelica, perché rende impossibile agli altri la legge dell’amore” (da: Viaggio a Lourdes - Frammenti di diario – Meditazioni. )

C’è ne è abbastanza per noi, che spesso siamo questo per chi ci avvicina.

Sempre su questo tema il laico

  • Silens

“Non condannate coloro che il giudice divino, unico, non ha ancora condannato. Non gettate su nessuno disprezzo o odio. Ahimè! Ne ho sentiti di questi predicatori rexisti facenti eco alla furibonda propaganda dei nostri paranoici. Il Cristo Re per una libertà quasi sacrilega era mescolato a tutte queste violenze, ma l’avvento del Regno di Dio non è stato certamente più avvicinato. Io credo con sicurezza che nelle Beatitudini sono i pacifici che saranno chiamati figli di Dio. Non seminate lo spavento. Non trionfate delle miserie del mondo, come se queste vi dessero ragione”.

 

Il servo di Dio, Antonio Chevrier, così riassume questa triplice attesa.

 

“Il Sacerdote è un altro Cristo. Il suo ideale di perfezione deve svilupparsi su quello dell’unico eterno Sacerdote, del cui sacerdozio il nostro è partecipazione. Cristo fu perfetto: nella povertà, nella morte a sé stesso, nella carità.

 

Povertà: abitazione, vestiario, cibo, beni, lavoro, servizio.

 

Morte a se stesso: morire al corpo, allo spirito, alla propria volontà, alla propria fama, alla famiglia, al mondo.

 

Carità: ci diede il Corpo suo, lo Spirito, il tempo, i beni, la salute, la vita.

 

Anche il Sacerdote deve essere povero. Più è povero più si abbassa, più glorifica Dio, più utile è al prossimo. Il Sacerdote deve essere un uomo spogliato”.

 

Il sacerdote deve immolarsi: col silenzio, la preghiera, il lavoro, la penitenza, il patimento, la morte. Più egli muore più avrà la vita; più darà la vita. Il Sacerdote deve essere un uomo crocifisso.

 

Il Sacerdote deve offrire la vita: per mezzo della fede, della dottrina, delle parole, delle preghiere, dei poteri sacerdotali, degli esempi.

Bisogna che diventi buon Padre e che il Sacerdote è un uomo mangiato.

                                                                   

                                                                                                                                                        Mons. Francesco M. Perrotta 

Mons. Francesco M. Perrotta

nato in Arienzo-S.Felice il primo dicembre del 1930, si è laureato in Teologia, difendendo la tesi: "L'Episcopato Campano al Concilio di Trento".

Canonico teologo della Cattedrale di Acerra;

Arciprete della Collegiata di S.Andrea Apostolo di Arienzo;

Ispettore Onorario della Soprintendenza, è autore di molti studi monografici.

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