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San Marco Evangelista: da Eremo a Parrocchia

 

La Valle di Suessola ha avuto la sua organizzazione dopo la venuta dei Normanni. Il castello di Arienzo – castrumArgentii – popoloso, bene esposto sul Monte argentario, fu abbattuto nel 1135 per ordine di Ruggero II. Al suo posto, pochi anni dopo, fu costruito, nel piano, alla falda del vecchio castello, il “nuovo castello o Terra Murata di Arienzo”. Questo nuovo castello prese il posto di quella che era stata la corticellalongobarda di Arienzo.

Fino al Quattrocento poche furono le famiglie della Valle; non numerosi gli abitanti: in tutto circa 300 famiglie, gli abitanti poco più di mille.

Gran parte della nostra Terra era allora coperta da lussuriosi boschi di querce, elci, ulivi, castagni, altri alberi boschivi. Era, poi, solcata da  una ragnatela di stratepubliche, seu valloni. Per essi defluivano le acque pluviali che calavano dagli impluvi dei monti Tifatini e Suessolani. Punto terminale di queste acque era la località Calabricito. Lì le acque piovane si univano a quelle sorgive del Riullo.

Lungo queste vie vecchie, alias Valloni, registriamo presenze di Chiese: San Giovanni “alle prese”, in località Elevata a S.Felice a Cancello; Sant'Agnese e San Giovanni Battista a Piedarienzo; Santo Stefano alle Cave; San Pietro a Talanico; Sant'Andrea in Arienzo, alla Camellara; San Nicola, sempre in Arienzo, a lato della Via Regia Napoli-Benevento; San Nigrato, seu San Grasso, lungo la Via Regia predetta, a Capodiconca; San Gennaro, alla Corte di Rosciano; Santa Maria delle Grazie, a Forchia di Cervino; San Pietro in Vinculis, a Cancello, costruita “in plateacumiturNeapolim” ( a fianco della strada che porta a Napoli ).

San Marco non fa eccezione a questa norma. L'eremo in epoca, che si perde nella notte dei tempi, fu costruito, esso pure, a due passi dalla Via Limàta( erroneamente chiamata: Lìmite ), il cui corso proseguiva per il Vallone, che era l'attuale via San Marco, via Fiume... Calabricito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sulla piccola altura, in onore dell'Evangelista, fu costruito, in luogo solitario, di raccoglimento, di preghiera, l'eremo dedicato a San Marco. Esso divenne ben presto mèta di frequenti pellegrinaggi. La superficie circostante era vasto bosco; il sole, la luce, non penetrava nei valloni sottostanti. Significativo, più di tutti, è il Vallone proveniente dalla Località Ceppone, Vallone che, perciò, fu chiamato via Cupa, cioè silenziosa, poco rischiarata.

Parlano dell'eremitaggio di San Marco con chiarezza e precisione i documenti di archivio già agli inizi del Cinquecento. Quindi, da tempo, esisteva già ed era funzionante in loco.

Con l'organizzazione territoriale delle Parrocchie, fatta nel 1585/1587 da S.Ecc. Mons. Fra Feliciano Ninguarda, per la Valle nostra fu formalizzata la celebrazione delle Rogazioni Maggiori. Essa si svolgeva liturgicamente il 25 aprile, giorno della festa liturgica dell'Evangelista San Marco, poco dopo l'inizio della primavera. In quel periodo i seminati vigoreggiano e procedono a buon fine con ritmo accelerato verso il raccolto. Il 25 aprile tutti i sacerdoti diocesani ed i religiosi dei monasteri della nostra Valle: i Domenicani di Santa Maria  a Vico, gli Agostiniani e i Cappuccini di Arienzo, i monaci Benedettini di Montevergine del monastero di San Giovanni Evangelista in San Felice a Cancello, insieme con l'Arciprete di Sant'Andrea apostolo in Arienzo si portavano nella Chiesa dell'Annunziata in Arienzo e procedevano per le “vie vecchie” verso l'eremitaggio di San Marco, recitando preghiere e cantando le litanie dei Santi. I campi, posti a destra e a sinistra dei Valloni percorsi, venivano aspersi con l'acqua santa. Si chiedeva al Signore di far pervenire i raccolti a buon fine.

A custodire l'eremitaggio, composto da un Oratorio ( = luogo di preghiera ) dedicato al Santo, c'era una persona approvata dal Vescovo. Era l'eremita. Lui custodiva l'eremo e ne assicurava, sotto ogni aspetto, l'agibilità. Era autorizzato dal vescovo a questuare nella Valle per far fronte alle spese di gestione del sacro Luogo.

Purtroppo fino al 1656 la gente della nostra Valle ha dovuto far fronte a momenti difficili, decimanti. Si pensi, per esempio, alla peste endemica imperante anche da noi, che ebbe nel 1528 e nel 1656 le sue terribili espressioni. Quella del 1656, soprattutto, decimò la popolazione della valle: 8500 abitanti, nel corso di tre mesi, furono ridotti a poco più di 3000.

Furono necessari 100 anni per ristabilire l'equilibrio demo-economico della nostra Terra, per ritornare ai livelli del 1656. Nel 1764 scoppiò la carestia e una forma pestilenziale. Successivamente, per gran parte dell'Ottocento, la nostra terra fu martoriata dal tifo petecchiale e dal colera.

Possiamo così capire come fino alla seconda metà di questo secolo, non troviamo cambiamenti sostanziali per l'eremo. Registriamo solo che, dal 1600, sorsero e piano piano aumentarono attorno all'Eremo, masserie. Se ne contano circa 38 nella seconda metà dell'Ottocento. L'aumento della popolazione mise in discussione la inadeguatezza della piccola Chiesa dedicata a San Marco, nonostante che essa avesse subìto qualche cambiamento.

Nel 1875 l'eremo di San Marco fu istituita autonoma, sui iuris, e divenne la ParrocchiadiSanMarco. Il fervore di un provvidenziale cammino si interruppe bruscamente nel 1901 con Don Luigi de Lucia. Egli lasciò improvvisamente la Parrocchia, e si ritirò nella Congregazione dei Padri di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Il parroco Don Antonio Piscitelli scrive nel suo diario: “ (omissis)... Parroco Luigi de Lucia... calunniato da un senza coscienza , dopo aver fatto molto bene e molti sacrifici per ampliare la Chiesa, lasciò tutto, ritirandosi presso i Padri Liguorini con costernazione del Popolo buono che anche adesso ne parla con entusiasmo, memore del suo buon ricordo”.

Il 24 settembre 1900 egli aveva avuto forti contrasti con la Banca( = capi della Congrega ) e i fratelli della Congrega del Buon Consiglio. È molto probabile che fosse stato calunniato per vendetta da qualcuno dei suoi oppositori.

Interessante è quanto egli riferisce nel numero 2 della relazione, che egli compose e consegnò a Mons.Giacinto Magliulo il 24 settembre 1900. La riportiamo testualmente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“ La Chiesa di San Marco in origine era una piccola cappella lunga metri 7. larga metri 5. ed alta metri 5. La porta guardava l'occidente. Unita alla cappella vi era una cella per l'eremita che aveva cura di essa cappella. Nel 1851, come dicono i contemporanei, il Rev.do Domenico de Luca di Santa Maria a Vico, rettore della Chiesetta, fabbricò un'altra Chiesa con la porta quasi a mezzogiorno e con l'altare unito al muro meridionale dell'antica cappella. La nuova chiesa era lunga metri 12 e larga metri 7, e la cella dell'eremita divenne sagrestia. Verso la stessa opera il de Luca fece annettere a questa Chiesa un beneficio regio esistente in Cervino. Verso il 1870 il Rev.do Don Felice Ferrara, di San Marco, successore di de Luca, abbattette il muro della Cappella, a cui era unito l'altare della nuova Chiesa e trasportò l'altare all'altro muro della Cappella, sicché questa divenne incorporata con la Chiesa. Al 1875 Mons. Magliulo nominò Parrocchia la Chiesa di San Marco, dietro ripetute istanze del popolo ed ebbe la cura lo stesso Felice Ferrara, che già godeva il beneficio regio. Al 1889 morì Ferrara e dopo un anno, fatto il concorso, e la presentazione al governo, fu fatto parroco di San Marco al 20 dicembre del 1890. Al giugno 1891 diedi principio ad ampliare la Chiesa che era piccolissima in riguardo della popolazione. Feci prima una navata a lato occidentale della Chiesa, divisa in 4 piccole cappelle ed un cappellone come braccio della crociera. In seguito prolungai l'altare per circa 7 metri e formai il presbiterio, di cui era privo la Chiesa; feci di marmo il pavimento dello stesso e l'altare, essendo di fabbrica quello che vi era. Alla destra del presbiterio feci la sagrestia, della stessa larghezza. Sulla Sagrestia feci due stanze a lato occidentale di essa, due bassi con un'altra stanza superiore sicché fu formata la canonica con 3 stanze superiori, due bassi ed un cortile chiuso. Affianco al portone c'è un basso ad uso del sagrestano, unito ma indipendente dalla canonica. Dopo tutto questo fu fatto anche l'altra nave, alla parte occidentale della Chiesa, divisa anche in quattro cappelle ed un cappellone che completava la crociera. A lato orientale dell'altare maggiore, o meglio, del presbiterio, poco a lato della Sagrestia, fabbricai a mie spese una cappella ad uso di congrega, avendo io abbattuto per prolungare l'altare quello che esisteva e fabbricata abusivamente in quello, che apparteneva alla parrocchia. Dico abusivamente perché non ho trovato titolo alcuno né di compra, né di donazione. Finita la fabbrica la Chiesa fu portata ad una certa eleganza di pittura su pegno che ci diede ancor più luce con finestroni che vi esistevano ed aprire un altro sulla porta grande della Chiesa”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per la durata di circa 5 anni sarà Don Alfonso Nuzzo a curare come economo e poi come parroco San Marco.

Dal 1906 lavori molto consistenti furono effettuati al plesso parrocchiale dal nuovo Parroco Don Giuseppe De Lucia. Il tetto della Chiesa, l'intonaco alla facciata, la costruzione del campanile, la fusione delle campane, l'impianto dell'orologio, l'allestimento dell'organo, sono tutte opere eseguite durante il suo ministero parrocchiale. Il resto: la fatica profusa per costituire l'impianto, soprattutto spirituale, della Parrocchia fu sostenuta con passione, costanza, intelligenza dal parroco Don Antonio Piscitelli. Questa però è storia recente; come è recente l'impegno dei parroci Don Michele CarforaLettieri e di Don Carmine Pirozzi. Quest' ultimo profuse, durante il decennio del suo servizio pastorale, le sue forze per rendere in modo organico il cammino della comunità parrocchiale. Spesero le loro fatiche per la crescita di San Marco, in quest'ultimo lustro, il parroco don Rosario Antignano e don Marcello Lanza.

 

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